La scuola

                SISTEMA SCOLASTICO A ROMA
  


LA SCRITTURA A ROMA
L’uso della scrittura è noto a Roma fin dall’epoca regia. Nei primi secoli la scrittura veniva usata soprattutto in ambito religioso, politico e privato. Il supporto per scrivere era principalmente una tavoletta di legno che poteva essere imbiancata oppure cerata. Dalla metà del III secolo a.C. si usava il rotolo di papiro ottenuto con una lavorazione del midollo della pianta di papiro allo scopo di trascrivere le prime opere letterarie. Inizialmente furono i maestri di scuola a curare le trascrizioni di testi a fini didattici. Spesso gli autori dettavano  i testi ai loro segretari-copisti, una volta scritta l’opera, prima di diventare pubblica, cominciava a circolare all’interno di una piccola cerchia di amici ricevendo critiche e suggerimenti. Nonostante l’alta percentuale di analfabetismo si sviluppò un vero e proprio commercio librario. Iniziarono quindi a operare librai di professione chiamati librarii o bibliopolae. Spesso i librai erano anche editori, cioè oltre a vendere le opere si occupavano della loro riproduzione che era affidata a i copisti.
Ai tempi dei Romani la lettura silenziosa era poco praticata, mentre si leggeva soprattutto a voce alta anche quando si era soli; in particolare la lettura delle opere avveniva quasi sempre di fronte ad un pubblico infatti gli autori invitavano a casa propria parenti e amici per una lettura pubblica che avveniva in un salone chiamato auditorium.
Nelle case di molte famiglie nobili esistevano vere e proprie biblioteche private, nei locali destinati a questo scopo i rotoli di papiro o i fogli di pergamena erano disposti su scaffali in armadi a muro. In epoca imperiale si diffusero le biblioteche pubbliche, la prima nel 39 a.C. fu quella nel tempio della Libertà.
Nel IV secolo d.C. Roma aveva ben 28 biblioteche pubbliche; nell’età di Cesare cominciò la pubblicazione di una specie di giornale chiamato acta populi che divulgava gli atti pubblici ovvero notizie di cronaca politica e privata.

L’EDUCAZIONE DEL CITTADINO

Inizialmente l'istruzione ai bambini veniva data dai propri genitori che impartivano ai figli le basi della grammatica e dell'aritmetica e tramandavano il valore del mos maiorum , cioè il "costume degli antenati". Dal 1° secolo a.C. i Romani più ricchi così iniziarono a utilizzare un precettore privato (praeceptor), cioè un maestro che spesso era uno schiavo greco istruito; mentre chi non poteva permetterselo andava alla scuola pubblica  La scuola romana era pubblica, ma non era sovvenzionata dallo stato. I maestri, infatti, erano pagati dalle famiglie degli allievi, che versavano direttamente alla scuola la retta una volta al mese. L’istruzione romana era organizzata in tre cicli:  
-la scuola primaria (dai sei agli undici anni) e prevedeva l'alternanza di due figure principali: l'insegnante di lettere e quello di matematica.
-la scuola del grammaticus o litterator (dagli undici ai sedici anni) e prevedeva lo studio della lingua e della letteratura greca e latina.
-la scuola del rhetor (il maestro di eloquenza) 
Al secondo e terzo ciclo accedevano quasi esclusivamente i figli degli aristocratici.
Coloro che finivano questi tre cicli in genere completavano il loro percorso di studio con un "master" all'estero: le mete più predilette erano le scuole di Atene, Alessandria d'Egitto, Rodi e Pergamo.
L’anno scolastico iniziava in primavera e terminava in autunno inoltrato, con un giorno di riposo ogni 8.
Le lezioni iniziavano il mattino presto per poi concludersi dopo circa sei ore; l'apprendimento era basato soprattutto sulla ripetizione e i maestri non lesinavano bacchettate su mani o schiena per costringere gli allievi a imparare a memoria (memoriae tradere) i testi degli autori o a rispettare la disciplina.
A scuola gli alunni portavano la cartella contenente il materiale didattico: per scrivere usavano il foglio di papiro, i rotoli di papiro e le tavolette cerate. Il maestro di matematica si serviva dell’abaco. Nell’aula si trovavano inoltre la cattedra, le sedie per gli alunni e la lavagna, sulla quale si scriveva con il gesso.










Marco Fabio Quintiliano (35-96 d.C.) fu un gran maestro di retorica che nel 78 d.C. ottenne dall'imperatore Vespasiano la cattedra statale di eloquenza con uno stipendio annuo pari a 100.000 sesterzi ( circa 150.000 euro odierni ). Quintiliano si dedicò a scrivere una serie di trattati , dove nel più importante di essi, l'Institutio oratoria ("L'educazione dell'oratore"), delinea le caratteristiche e i contenuti della formazione culturale e morale ideale per chi voglia diventare oratore. In questo contesto si colloca un discorso più generale sulle finalità educative della scuola e i metodi che dovrebbe usare un buon maestro. Il curriculum di studi tracciato da Quintiliano non presenta particolari caratteri di originalità, ma riassume e codifica gli esiti migliori di una lunga tradizione.
Originale è invece la sua attenzione alla psicologia dell'età evolutiva, ai bisogni dei bambini , soggetti deboli ma , proprio per questo, da rispettare e osservare con attenzione. La sua sensibilità verso il mondo infantile, l'importanza attribuita all'alternarsi di momenti di svago e riposo con momenti di studio , nonché le felici intuizioni sul valore del gioco nell'apprendimento sono sorprendenti. E soprattutto, in una delle più famose pagine, si chiarisce l'inutilità delle punizione corporali, usate molto spesso:
"Io non vorrei assolutamente che i bambini fossero picchiati , anzitutto perché ciò è sconveniente e utile solo con gli schiavi ed è anche offensivo: inoltre perché, se uno ha un'indole tanto ignobile da non essere corretta con il rimprovero,costui si indurirà anche di fronte alle percosse, come tutti gli schiavi peggiori" (I, 3, 14).
Secondo Quintiliano lo scopo dell'insegnamento è l'autonomia di giudizio dello studente, ecco perché si devono interrogare spesso i ragazzi, per poter verificare la capacità di comprendere : " E il maestro non solo dovrà insegnare molte cose, ma dovrà interrogare spesso e verificare il senso critico degli allievi. In tal modo a coloro che ascolteranno verrà meno l'eccessiva sicurezza e le cose che verranno dette non entreranno in un orecchio per uscire dall'altro, e al tempo stesso (gli allievi che ascolteranno) saranno condotti a ciò che si richiede da questo metodo, ossia scoprire (certe cose) e capire loro stessi. Infatti che cos'altro otteniamo insegnando loro, se non che essi non siano sempre da istruire? (II, 5, 13)



 
Meccanismi educativi scolastici nell'antica Roma
Nell'antica Roma i meccanismi educativi adoperati nelle scuole erano prevalentemente di tipo punitivo, appundo punendo fisicamente l'allievo si pensava che accrescesse il rispetto che l'alunno provava nei confronti del maestro, questo perchè il rispetto da parte dell'alunno nei confronti del maestro era molto importante


Meccanismi educativi scolastici oggi

A partire dall'anno 2001 in tutte le scuole europee sono state abolite le punizioni corporali da parte dei maestri agli alunni. In altre scuole del sud-est asiatico come il vietnam o la cambogia vengono ancora utilizzati tali meccanismi. Nonostante tutto abbiamo comunque trovato in giro per internet testimonianze di alunni che ancora oggi o nel passato sono stati vittime di punizioni corporali, come ci racconta appunto un utente: "la maestra ci faceva stare in ginocchio su dei sassolini fino alla fine dell'ora".
                                                            
Simone Torcetta
Daniele Nicotra
Tommaso Paternò
Matteo Vita
Mario Mongiovì
2N Liceo Scientifico "Galileo Galilei" Di Catania                                 

                                                                                       

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