G. Aiello, Colosseo e Circo
Il Colosseo era chiamato dai Romani “anfiteatro flavio”, perché venne
costruito dagli imperatori della dinastia flavia: iniziato da Vespasiano, fu
portato a termine da Tito e perfezionato da Domiziano. Il poeta Marziale, che
assistette all’inaugurazione dell’edificio nell’80 d.C., nel primo epigramma
del Liber de spectaculis lo annovera tra le “meraviglie del mondo”.
L’inaugurazione fu un evento memorabile: durò cento giorni e ci furono
spettacoli straordinari, venationes e combattimenti di gladiatori. In questa
struttura vi sono l’anello esterno formato da 4 livelli sovrapposti, un velario
a spicchi, fissato da pali, che veniva issato per proteggere gli spettatori dal
sole, i diversi settori della cavea che si raggiungevano tramite scalinate cui
si accedeva attraverso le arcate situate a pianterreno, il piano dell’arena,
realizzato probabilmente in legno, che copriva i sotterranei di servizio, dove
erano collocate le armi, le gabbie degli animali e i macchinari impiegati per
l’organizzazione dei giochi e, infine, le nicchie, che erano decorate con
statue che rappresentavano eroi, divinità e personalità dell’antica Roma.
Nell’anfiteatro si svolgevano i giochi dei gladiatori. Oltre agli scontri tra
quest’ultimi, erano previste anche lotte tra gladiatori e bestie feroci, che
erano spesso utilizzate come condanna a morte per chi si era macchiato di gravi
reati. Inoltre, un altro spettacolo che veniva svolto, allagato per
l’occasione, era la simulazione di battaglie navali. Comunque, i gladiatori,
nella maggior parte dei casi, erano schiavi: prigionieri di guerra, criminali condannati
a morte o comuni delinquenti che combattevano con la speranza della libertà,
talvolta concessa loro in caso di vittoria. C’è anche da dire che venivano
addestrati in scuole specializzate, gestite da un istruttore, generalmente un
ex gladiatore di successo. Inoltre, ne esistevano vari tipi, a seconda
dell’arma utilizzata per la difesa o per l’attacco: alcuni erano armati di
rete, altri di elmo tipico dei Galli, a forma di pesce, e di uno scudo oblungo,
altri ancora combattevano con l’armamento tipico dei soldati traci, dotati di
uno scudo rotondo e di una scimitarra ricurva. Inoltre, loro, entravano
nell’arena gridando Ave, Caesar, morituri te salutant, “Ave, Cesare, coloro che
stanno per morire ti salutano”. Infine quando un gladiatore veniva atterrato,
poteva chiedere la grazia alzando il braccio sinistro, ma, se si era mostrato
vile, la folla, con il pollice rivolto verso il basso, decretava la sua
condanna.
Il Circo, invece, è un edificio di impianto quadrangolare con uno dei
lati corti semicircolare. Nell'antica Roma, il circo è il luogo nel quale si
disputavano le gare di corsa dei carri trainati da due o quattro cavalli. Il
nome deriva dal latino circus, "cerchio", perché il percorso di gara
aveva la forma di un anello. Nella pista di tale struttura si svolgevano varie
gare spettacolari: oltre a quelle già enunciate, ricordiamo le gare di
atletica. Poi l’arena era divisa longitudinalmente da un muretto, alle cui
estremità era collocato un paletto attorno al quale si doveva girare:
normalmente la corsa prevedeva sette giri. Dopo un solenne corteo, i carri
partivano dalle loro postazioni; conclusa la gara, il vincitore, acclamato da
accanite tifoserie, lasciava l’arena dalla porta, che si trovava dirimpetto
alle scuderie. I fantini erano divisi in squadre, caratterizzate dal colore
delle loro tuniche: Bianchi, Azzurri, Rossi e Verdi. Poi c’è da dire anche che,
di solito, gli anfiteatri erano posti fuori le mura o in periferia, per
facilitare l'accesso e il deflusso degli spettatori e carri (es. con bestie e
materiali scenografici) che provenivano da altri luoghi. Invece i circhi
avevano una posizione tipica affiancata al palazzo imperiale, in modo che
l'Imperatore e la sua corte potessero recarvisi direttamente, senza uscire per
strada. Oggi queste due opere rappresentano parte del patrimonio storico
italiano e mondiale, e sono ogni giorno visitate migliaia di persone.
C. Battiato, Struttura Teatrale, Attori, Maschere, Costumi e Personaggi
Giovani e teatro. Due mondi sempre più distanti che sembrano destinati a
non incontrarsi più.
I teatri romani furono costruiti in tutte le aree dell'impero, dalla
Spagna, al Medio Oriente. A causa della capacità dei Romani di influenzare
l'architettura locale, numerosi teatri in tutto il mondo hanno caratteristiche
univocamente romane. I Romani utilizzarono il modello del teatro greco,
apportandovi alcune modifiche essenziali. Il primo teatro romano in pietra fu
realizzato all'epoca di Pompeo ,nel 55 a.C. Precedentemente i teatri erano
costruzioni provvisorie in legno, che venivano smantellate subito dopo le
rappresentazioni. La struttura del teatro prevedeva il palcoscenico e un
fondale, che in origine era soltanto dipinto e che poi assunse un aspetto
monumentale, con ricche decorazioni marmoree, costituite da colonne e nicchie
con statue e sculture. Gli spettatori assistevano allo spettacolo seduti sui
sedili delle gradinate, il cui insieme era denominato cavea. Inoltre, il teatro
romano dell'età imperiale era un edificio costruito in piano e non su un
declivio naturale come quello greco. Un
tendone di lino, che sovrastava la cavea, cioè la platea semicircolare
costituita da gradinate, riparava il pubblico dal sole. Il biglietto d'ingresso
era gratuito, perché le rappresentazioni
erano a carico dello stato.
Gli attori erano uomini, che recitavano anche la parte delle donne. Alle
donne infatti erano concessi solo due generi minori: la danza e il mimo. Gli
attori erano in genere schiavi o liberti, che lavoravano sotto la direzione di
un capocomico, il dominus gregis, che acquistava l'opera dell'autore drammatico
e la metteva in scena grazie al finanziamento degli edili. Erano organizzati in
compagnie teatrali chiamate catervae o greges, di cui erano membri anche un
regista e uno sceneggiatore. Gli attori portavano delle maschere terrificanti o
ilari che potevano essere o scure o bianche. La maschera scura identificava il
sesso maschile, quella bianca il sesso femminile.
Non si sa se fin dalle origini gli attori comici portassero la maschera.
Sicuramente tale uso è attestato nella seconda metà del II° secolo a.C. La
maschera(persona)aveva enormi vantaggi: una netta caratterizzazione dei
personaggi, e quindi un immediato riconoscimento del loro ruolo; la possibilità
di cambiamenti di ruolo nel caso in cui un attore dovesse recitare più di una
parte; infine, l'amplificazione della voce. Inoltre, l'uso della ,maschera
teatrale era stato ripreso naturalmente dal teatro greco: essa era di legno o
spesso per lo più di tela. I tratti somatici della maschera erano molto
pronunciati affinchè l'espressione facciale fosse visibile anche da lontano.
Una capigliatura attaccata alla maschera la completava; non avendo tempo a
disposizione per truccarsi e calarsi in un altro personaggio maschile o
femminile, era molto più facile mettersi una maschera.
A seconda dell'ambientazione ,le commedie potevano essere
"palliate" o "togate", chiamate così dal tipo di abito
usato dagli attori: le "palliate" erano ambientate in Grecia, infatti
in questo caso gli attori indossavano il pallio, cioè il mantello alla greca;
le "togate" erano ambientate a Roma, e gli attori indossavano la
toga, l'abito ufficiale del cittadino romano. Inoltre, nelle tragedie di
ambientazione greca, gli attori indossavano lunghi stivali con la suola alta,
che conferivano ai personaggi un aspetto imponente. Nelle commedie, invece,
indossavano una calzatura bassa, di uso comune.
I personaggi del teatro comico erano tipi fissi: tra questi
l'adulescens, il giovane innamorato, e il senex, il vecchio padre burbero. Il
conflitto tra i due si risolveva, nella maggior parte dei casi, con la vittoria
del giovane che, grazie all'aiuto del servus callidus (servo scaltro), riusciva
a coronare il suo sogno d'amore. Infine c’è da dire che forse l’ostacolo
insormontabile della nostra società è rappresentato dalle diverse mentalità
dominanti: o si è alla ricerca di serate cool in discoteca, dove più o meno
tutti i fine settimana si suona la stessa musica e s’incontrano le medesime
persone oppure bisogna essere maledettamente alternativi, ubriacandosi e
fumando per le strade fino all’alba e con cadenza settimanale. Inoltre, il
teatro non è «roba da vecchi»: le rappresentazioni teatrali, di qualunque tipo,
hanno il potere di stordire, di affascinarci come di disorientarci; ci
impressionano, ci fanno interrogare, conoscere, riflettere e vivere a seconda
dei casi, anche stati d’animo del tutto divergenti. Si piange, si ride, ci si
irrita, ci si sente frustrati o più determinati di prima: il teatro è linfa
vitale, è la rappresentazione dei nostri dubbi, delle nostre felicità, del
passato, del presente e del futuro.
F. Rannisi, Il Gladiatore di Roma
In occasione di festività religiose e di particolari avvenimenti
politici gli imperatori romani organizzavano le ludi (spettacoli pubblici)che
prevedevano gare sportive e combattimenti tra gladiatori (ludi
gladiatori–munera gladiatoria ),rappresentazioni teatrali accompagnati da
musica e canto , spettacoli di danzatori ,mimi, giocolieri. Il gladiatore era
un particolare lottatore dell' antica Roma. Il nome deriva da gladio, una
piccola spada corta usata molto spesso nei combattimenti. La pratica dei duelli
tra gladiatori proviene dall'Etruria e,
come molti altri aspetti della cultura etrusca, anche questo fu adottato dai
Romani. Oltre a persone condannate per qualche reato ,gladiatori erano anche
schiavi o prigionieri di guerra che ,combattendo, potevano guadagnarsi la
libertà, sia pur a rischio della loro stessa vita. Erano uomini liberi caduti
in miseria: essi però, finchè rimaneva gladiatori ,erano equiparati a schiavi
senza alcun diritto. La sua origine è da ricollegare all'istituzione del
cosiddetto munus, un "dovere", un "obbligo" , una
munificenza privata di fornire un servizio o un contributo alla sua comunità.
Nell'antica Roma, i munera erano quindi le opere pubbliche realizzate per il bene
del popolo romano da soggetti facoltosi e di alto rango. I munera gladiatoria
erano particolarmente amati nonostante la loro ferocia ,tanto che verso la fine
della repubblica divennero anche un mezzo per assicurarsi il consenso
elettorale . Lo spettacolo tra i munera gladiatoria prevedeva più duelli in
contemporanea con un combattimento a squadre .Quando un gladiatore finiva a
terra (ferito) poteva chiedere la grazia al vincitore alzando il braccio .La
grazia però era sia concessa che negata dal magistrato del dirigeva i giochi o
dall’imperatore stesso. Se il pubblico aveva apprezzato il coraggio e la forza
del gladiatore ferito gridava MITTE(mandalo via )in modo che lo sconfitto aveva
salva la vita , ma se invece il pubblico gridava IUGULA(scozzalo )con il
pollice verso il basso e il magistrato consentiva ,il ferito veniva ucciso
.Oltre ai duelli c’erano anche le NATIONES ovvero scontri da gladiatori o
animali feroci. Esistevano, inoltre, scuole di addestramento dove i professionisti del combattimento e gli ex
gladiatori allenavano i gladiatori in gruppi ,detti familiae. L'addestramento
dei gladiatori era ancora più approfondito di quello praticato nelle scuole
militari romane. Praticavano la scherma con le spade specifiche, il maneggio di
armi particolari, e miglioravano la loro condizione fisica con faticosissimi
allenamenti. Durante l'era cristiana, la gladiatura divenne uno sport di alto
livello a Roma, e i centri di addestramento rivaleggiavano tra loro nel cercare
di produrre i migliori combattenti. Le condizioni di vita per i gladiatori
erano eccezionali, in quanto essi avevano le porte aperte a tutte le serate
mondane organizzate a Roma e nei suoi dintorni. L'addestramento, avveniva nella
cosiddetta "Palestra", collegata al Colosseo tramite un corridoio
sotterraneo ed era la loro vera estrema costrizione e occorreva aver cura di
questi autentici atleti, dei loro momenti di rilassamento e del prestigio della
loro reputazione. I nuovi gladiatori non avevano il privilegio dell'accesso
alle serate di feste ma questa notorietà faceva parte della vita che
inseguivano tanti giovani gladiatori.
G. Rodolico, Sceneggiatura del teatro e Opere di Tacito
Fra il 240 a.C. e l’età dei Gracchi, la cultura romana conosce una
fioritura di opere sceniche e di rappresentazioni teatrali. Fioriscono
corporazioni professionali, degli autori e degli attori; si sviluppano
polemiche letterarie e dichiarazioni di poetica.
I principali generi teatrali romano sono, in origine, prodotti
d’importazione.
Di origine greca sono:
- il principale genere comico, la palliata, così definita dal pallio, il
tipico abbigliamento dei Greci;
- il principale genere tragico, la cothurnata: i cothurni sono gli
altissimi calzari degli attori tragici greci.
Gli autori di palliate e coturnate presentano le loro opere non solo
come ambientate in Grecia, ma anche come derivate da modelli greci. Non è in
contraddizione con questa tendenza lo sviluppo di una palliata ed una coturnata
“romane”, che si chiamarono rispettivamente togata o trabeata e praetexta,
dall’abbigliamento dei magistrati romani. Si tratta di rigenerazioni “romane”
dei corrispondenti generi greci, rette dagli stessi canoni drammaturgici e
rispondenti alle stesse tendenze stilistiche. Anche i termini tecnici della
drammaturgia sono tutti di origine greca o etrusca. Tito Livio precisa, invece,
che l’origine degli spettacoli romani è etrusca. La spiegazione potrebbe essere
che l’Etruria abbia mediato verso Roma la diffusione degli spettacoli.
L’istituzione di pubblici spettacoli organizzati dallo Stato romano fu un passo
di grande importanza. L’occasione era contrassegnata da pubbliche cerimonie
religiose: la sede regolare del teatro latino, infatti, era rappresentata dal
ricorrere di feste e solennità religiose. Le feste erano un momento di
aggregazione, ma non sembra che il teatro latino abbia al suo interno una forte
presenza di tematiche connesse alla sensibilità religiosa. La più antica
ricorrenza teatrale è quella legata alla celebrazione dei ludi Romani, in onore
di Giove Ottimo Massimo: ai ludi Romani del 240 a.C., Livio Andronico mise in
scena il primo testo drammatico “regolare”, una tragedia su modello greco.
Questa data era sentita dai Romani come quella dell’inizio del loro teatro
“nazionale”.
Se prendiamo come riferimento l’età di Plauto e Terenzio, abbiamo
quattro ricorrenze annuali deputati alla rappresentazione di ludi scenici:
- i ludi Romani;
- i ludi Megalenses, in onore della Magna Mater;
- i ludi Apollinares;
- i ludi plebeii, dedicati a Giove Ottimo Massimo.
Ad organizzare i ludi erano gli edili o i pretori urbani. Il contesto
dei ludi prevedeva anche giochi di gladiatori.
Il carattere statale ed ufficiale dell’organizzazione ha due
conseguenze. La prima è che i committenti delle opere teatrali si
identificavano con le autorità: la natura della committenza spiega la scelta di
determinati argomenti. La praetexta, dunque, aveva non solo una tematica
nazionale e nazionalista, ma anche un riferimento a singole figure
politicamente influenti. L’importanza dei committenti, tuttavia, non poteva
cancellare l’importanza del pubblico, rappresentanza composita e generale di
tutta la società romana. La seconda conseguenza tocca la commedia. La commedia
latina non esercita critica sociale e di costume: il mondo della commedia può
essere realistico, ma non ha punti di contatto con la sfera dell’attualità
politica. Nel 207 a.C. fu fondato il collegium scribarum histroniumque: è d’importanza
storica che queste attività fossero socialmente riconosciute, anche se il
riconoscimento fu limitato. L’assunzione del greco del termine poeta indica il
crescere di una sempre più elevata autocoscienza: il riconoscimento sociale
andò crescendo con il successo del pubblico e con il consolidarsi dei legami
tra autori ed aristocrazia. Gli oneri finanziari erano dello Stato,
rappresentato dai magistrati organizzatori. I magistrati, tuttavia, dovevano
trattare con gli autori e con il capocomico o dominus gregis, che dirigeva la
compagnia, faceva da impresario e poteva collaborare con gli autori: famoso è
rimasto Lucio Ambivio Turpione. Il primo teatro in pietra fu edificato a Roma
solo nel 55 a.C.: prima esistevano solo strutture provvisorie, in legno. Le
rappresentazioni della palliata, impostata sui modelli della Commedia Nuova di
Atene, erano in grado di riprodurre, sulla scena, gli allestimenti del teatro
greco. L’azione si svolgeva in esterni, di fronte a due o tre case, collocate
su una strada che portava da un lato al centro della città, il foro, e
dall’altro verso l’esterno. Un aspetto fondamentale era l’uso di maschere:
usate almeno dalla metà del II secolo a.C., erano fisse per determinati tipi di
personaggi: il vecchio, il giovane innamorato, la matrona, la cortigiana, il
lenone, lo schiavo, il parassita, il soldato. La loro funzione era di far
riconoscere, sin dall’inizio dell’azione scenica, quale fosse il “tipo” del
singolo personaggio. L’uso di questi tipi ebbe un forte influsso sulla poetica
dei commediografi latini. Un attore, cambiando maschera e costume, poteva
recitare più di una parte. Fra gli attori esistevano gerarchie di abilità e
specializzazione. Gli attori, tuttavia, non erano mai uomini nati liberi, e la
loro professione recava il marchio dell’infamia
G. Santagati, Il Circo Massimo
I romani amavano andare al circo, per assistere ad gare atletiche,
sportive, navali e anche gare dei carri che rese soprattutto famoso il circo
Massimo. Il circo Massimo è situato nella valle tra L’Aventino e il Palatino,
fu fatto edificare per la prima volta sotto la guida dell’imperatore Tarquinio
Prisco nella prima metà del 6 secolo , strutturato in legno, fu soggetto a
diverse ristrutturazioni a causa di incendi che lo portarono alla rovina
.Infatti esso venne ristrutturato sia da Giulio Cesare; che fece costruire i
primi sedili in muratura, nel 46 a.C. Il monumento venne ristrutturato anche
sotto l’imperato di Augusto, che aggiunse al circo anche un obelisco di Ramses
portato a Roma direttamente dall’Egitto. Successivamente venne fatto
ristrutturare anche da Tiberio, Nerone, Tito, Diocleziano e terminato nel 103
d.C. da Traiano. Il circo rimase in efficienza fino alle gare organizzate da
Totila nel 549 d.C. Le dimensioni del circo erano eccezionali, infatti era lungo 621 m e largo 118 poteva ospitare circa
250.000 spettatori. La facciata esterna aveva tre ordini: solo quello
inferiore, di altezza doppia, era ad arcate. La cavea poggiava su strutture in
muratura, che ospitavano i passaggi e le scale per raggiungere i diversi
settori dei sedili, ambienti di servizio interni e botteghe aperte verso
l'esterno. L'arena era in origine circondata da un euripo (canale) largo quasi
3 m, più tardi eliminato per aggiungere altri posti a sedere. Il circo era amato quasi da tutti i romani,
un esempio di questa eccezione fu Plinio il Giovane che infatti disprezzava gli
spettacoli, si scandalizzava di fronte alle tifoserie del circo e rimaneva
stupito da come uomini della plebe ma anche da uomini di classi sociali elevate
si entusiasmavano per le corse dei carri. Plinio nacque a Como nel 61, Studia a
Roma alla scuola di Quintiliano dedicandosi principalmente alla retorica e
all'avvocatura. Tra l'89 e il 90 ricopre il tribunato della Plebe entrando a
far parte dell'ordine senatorio, nel 100 diventa console e Nel 105 ricoprì la
carica di Curator delle Acque del Tevere e della Cloaca Maxima. Probabilmente,
grazie non solo al proprio talento, ma anche alla propria ricchezza e alle amicizie
con i potenti, la sua carriera fu tra le più brillanti.
Alla fine della sua vita fu governatore in Bitinia come legatus Augusti
pro praetore, dal 111 al 113, anno in cui probabilmente morì. Infine il Circo
Massimo è scelto sempre più spesso come sede per grandi eventi di massa:
concerti, spettacoli, giubilei, manifestazioni trovano qui lo spazio ideale.
2G Liceo Scientifico Galileo Galilei
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